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Samuele Giacometti, niente bugie la mia casa sa davvero di legno

La storia di Samuele Giacometti che ha abbandonato l’impiego da ingegnere meccanico per costruire una casa a km zero in legno 100% made in Carnia. Sadilegno e dura più di 100 anni la sua casa in bioarchitettura. Certificata PEFC, premiata da Legambiente con la "Bandiera Verde" e con il riconoscimento all'innovazione della CCIA di Udine.
di Redazione
14 Dicembre 2013

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Samuele Giacometti è Sadilegno
Samuele Giacometti a Prato Carnico (UD) nella sua casa prefabbricata in legno al 100%

Una casa di legno, una famiglia numerosa, una pubblicità in stile Mulino Bianco. Samuele Giacometti ha abbandonato l’impiego da ingegnere e si è lanciato nella sfida dell’architettura sostenibile. Un bosco dirompente che invade gli spazi, ma le amministrazioni spendono per far arrivare il legname da lontano, Giacometti dice no e ha creato SadiLegno, un marchio made in Carnia.

Un ingegnere meccanico sulle Alpi. Non è il titolo di un film natalizio, ma l’incipit dell’avventura che ha portato Samuele Giacometti e la sua famiglia a Sauris di Sopra (Udine), nel cuore della Val Pesarina.

Una casa tutta di legno, senza compromessi chimici, ma solo tanto ingegno, passione e studio, per fare le cose per bene.

Una sfida difficile, perché il territorio friulano non è abituato a queste operazioni, a veder scombussolato il proprio quieto vivere con progetti all’avanguardia e, per di più, utilizzando materie prime reperite in loco. Ettari di bosco da domare, mai utilizzati per produrre legname utile alla costruzione.

Giacometti crede nel chilometro zero e nella tradizione architettonica … Se due secoli fa costruivano tetti di legno che sono ancora in piedi oggi, perché non lo posso fare anch’io?.
Un progetto lungo tre anni, che oggi ha iniziato a dare i suoi frutti. Il primo riconoscimento importante arriva da Legambiente, con l’assegnazione della “Bandiera Verde”, il 30 luglio 2010, a cui è seguita la targhetta CasaClima B+, rilasciata da Ape, l’Agenzia per l’energia del Friuli Venezia Giulia, che riconosce l’efficienza energetica complessiva e promuove le fonti rinnovabili, utilizzate per soddisfare l’intera domanda energetica e già nel 2011, il progetto SadiLegno, conquista il certificato PEFC.
Per la prima volta in Italia un progetto ottiene questo riconoscimento, attribuito solo altre due volte in tutto il mondo …. oggi un “Premio al cambiamento” da parte della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Udine.

L’assegnazione di questi premi alla casa di Giacometti non solo ne garantiscono la qualità del legno, certitificato PEFC e ad assoluto chilometro zero, ma permettono di conoscere perfettamente da quale ceppo arrivino le travi utilizzate per le pareti, l’arredamento interno o il pavimento.

43 piante in totale, 30 abeti rossi e 13 larici provenienti dal bosco dietro Casa Giacometti. Una squadra di dottori forestali per scegliere le piante, un’impresa di carpentieri abituati a lavorare con il legno e artisti del luogo per il design degli interni. Perché se da fuori architettonicamente parlando, è una casa normale, anche banale se vogliamo, dentro è uno spettacolo. Dovreste toccare il mio pavimento.

Ingegner Giacometti come è nata questa idea?
Sette anni fa, il mio impiego da ingegnere meccanico mi ha portato a trasferirmi a Prato Carnico, e la bellezza del territorio mi ha convinto a stabilirmi definitivamente. È stato questo ambiente montano a suggeririmi l’idea di fare una casa di legno. Non avevo conoscenza alcuna né del legno né dell’edilizia, e assolutamente nessuna esperienza architettonica ma, conoscendo il metodo per l’industrializzazione dei prodotti, ho applicato le medesime regole. Mi sono chiesto cosa volesse dire esattamente essere sostenibile e ho creato il progetto, studiando la materia prima e pretendendo il massimo. Conoscendo i professionisti della valle, mi sono convinto della necessità di avere legno non trattato e che provenisse dai boschi locali, perché nel mio progetto ho visto anche la possibilità di creare lavoro per i valligiani. Oltre, ovviamente, a creare un’abitazione confortevole e naturale per la mia famiglia. Nell’ottica della green economy, ho pensato che, se fossi riuscito a realizzare un prodotto utilizzando legname del luogo, avrei potuto vantarmi di aver fatto una casa con un legno veramente eco-sostenibile.

Nella sua casa prefabbricata in legno è tutto sostenibile?
Nella mia casa solo il legno è sostenibile. Perché dico solo il legno? Perché poi ho lasciato ad altri il compito di verificare la sostenibilità totale della casa, e qui entra in gioco CasaClima con la certificazione B+, dove il + sta per sostenibile. Dopo il responso istituzionale, ho sentito l’esigenza di creare un progetto, SadiLegno.

Da dove viene il nome Sadilegno del progetto?
Un mio amico semiologo ha condotto lo studio sul nome, che mi è subito piaciuto. SA come Sara e Samuele – io e mia moglie -, Di come Diego e Diana – i nostri primi due figli – e Legno perché è la materia prima che ho scelto di usare. Adesso, SadiLegno è diventato un marchio. Quello che desidero è portare sul mercato un legno SadiLegno, cioè un materiale di cui si conosce tutto, dalla provenienza fino ad arrivare all’oggetto costruito.

Quanto è durato il processo di costruzione della casa?
Abbiamo iniziato nel dicembre 2007 con il taglio delle piante e abbiamo finito ad agosto 2010. Viviamo stabilmente nella casa da fine estate 2010.

È durato tre anni per questo problema del dover seguire la natura?
Io non direi che sia un problema, perché se lo fosse stato non avrei fatto una casa di legno sostenibile. Alla fine anche la sostenibilità ha un costo, soprattutto nel capire quali siano i tempi che devono essere rispettati. È un costo che si può benissimo sostenere, perché nella mia casa il legno incide solo del 10% su tutta la spesa, si parla di una minima parte.

Ho scelto di portare dei dati scientifici che attestassero la validità del mio prodotto e ho eseguito, attraverso l’Enea, il Life Cycle Assessment – in italiano Analisi del Ciclo di Vita, conosciuto anche con l’acronimo LCA, una metodologia di analisi che valuta un insieme di interazioni che un prodotto o un servizio ha con l’ambiente, considerando il suo intero ciclo di vita che include i punti di pre-produzione (quindi anche estrazione e produzione dei materiali), produzione, distribuzione e uso, a seguire il riciclaggio e la dismissione finale – dalla culla alla tomba del mio regno. Loro hanno un software in cui si inseriscono i dati e permette di sapere quanto inquina l’intero processo produttivo.

Il risultato?
Il risultato è stato che il mio è ovviamente un legno che inquina. Possiamo parlare di sostenibilità solo se si è consapevoli di cosa si sta inquinando. Quando si fa la valutazione dei costi, si devono considerare anche i conti che noi lasciamo da pagare alle generazioni future.

Quanto è costata complessivamente la sua casa?
Intorno ai 2000 euro al metro quadro. In questa zona l’incidenza del terreno è molto più bassa rispetto a Milano o altre realtà urbane. Ma sto molto attento ai discorso dei costi, perché sono molto soggettivi, ognuno in casa può mettere quello che vuole e quindi modificare i costi a suo piacimento. Io più che di costi parlerei di consumi, che sono un dato oggettivo: io so quanto consumerò per scaldarmi, quanto renderà il mio pannello fotovoltaico e so che coprirà tutto il mio fabbisogno energetico, quindi, non userò fonti energetiche derivate da materiali fossili.

La sua casa che costi lascia alle prossime generazioni?
Io di questi costi ho tenuto traccia: le generazioni future potranno dire che la casa di Samuele Giacometti ha un costo x perché è tutto dimostrato attraverso i dati raccolti durante la filiera di trasformazione. È dimostrato in modo oggettivo. Allora, se si parla di sostenibilità, bisogna necessariamente parlare di quanto si inquina, perché se continuo a dire soltanto che il mio legno è a chilometro zero e altre frasi comuni di mercato, non lascio niente alle generazioni future. Servono dati oggettivi e chiari. Quello che stiamo facendo con l’Enea è oggettivare e dare un senso a questo processo, con uno strumento che renda poi paragonabili i vari processi produttivi.

Si definirebbe un ambientalista “integralista”?
Assolutamente no. Io sono un ingegnere, quindi per me l’importante è far funzionare le cose dopo averle ragionate. L’unico fattore da “integralista” che ho voluto mantenere è stato lo studio del pavimento di casa mia. Avendo scelto di non trattarlo con agenti chimici, ho la sensazione di toccare davvero la materia.

È una sensazione che mi ha fatto notare un dottore forestale della valle che ha partecipato al progetto. Mi ha fatto notare che mettendo una mano sulla parete della cucina, trattata con un impregnante, ecologico, ma pur sempre un elemento estraneo, e una sul pavimento non trattato, la differenza era evidente: una sensazione che mi ha segnato per il resto della vita.

La mano sul legno non trattato si scaldava imemdiatamente, l’altra non si scaldava per niente. È qui che si vede la vera natura della materia prima, perché l’avere una cucina di legno o il parquet in casa non sono sinonimo di casa naturale, se sono ricoperti da sostanze estranee alla materia prima.

In questo caso, il contatto lo si ha con il materiale che protegge la materia stessa, quindi, non è più legno. Preferisco avere un pavimento naturale, che viene sporcato dai miei figli e che si riga con il passare del tempo, piuttosto che avere un pavimento perfetto, ma freddo. Quello di cui parlo si può comprendere solo se lo si prova toccando con mano, altrimenti, dette così, non danno l’idea effettiva di quello che è stato fatto e delle scelte compiute per la mia casa.
Io non faccio chiacchiere. Chiunque venga in questa casa o mi senta parlare di quello che è stato fatto, si rende conto che c’è un fondamento scientifico e sente soprattutto il legno, prova le sensazioni di cui parlo.

Si sente davvero l’odore del legno nella sua casa?
Il profumo del mio legno si sente da cinque metri di distanza. E non si perderà con l’uso, perché questo è un materiale che continua a vivere con la casa. √à un materiale che ti parla, con le sue sacche di resina e i suoi rigonfiamenti. Se tu non interponi nulla tra te e lui e lo accetti per com’è, lui ti parla. Ma questo è contro ciò che chiede oggi il mercato.

Cosa intende?
Il mercato oggi chiede un legno che non abbia difetti, perfetto e pulito, che però, a quel punto, non è più legno. √à un prodotto industriale fatto con la materiale legno, non è più legno vero.

Verremo a trovarla per toccare il suo pavimento… Non si può capire se non si prova. Il mio pavimento è qualcosa di eccezionale. Però, proprio perché non sono integralista, per il bagno e la cucina ho scelto le piastrelle, anche per una questione igienica. Sarebbe stato un po’ strano se avessi messo il legno anche in bagno.

COMMENTA L'ARTICOLO
«Samuele Giacometti, niente bugie la mia casa sa davvero di legno»

È presente 1 commento
  1. Samuele Giacometti

    Gentile Redazione, casualmente mi sono imbattuto nel fotomontaggio di cui sopra e sono giunto fino al vostro articolo. Con tutta sincerità non ricordo di aver mai rilasciato questa intervista e francamente qualche refuso macroscopico “vedi Sauris di Sopra nel cuore della Val Pesarina” ed altri contenuti che sono molto lontani dal mio pensiero mi hanno spinto a scrivere questo commento che mi auguro venga pubblicato. Naturalmente mi farebbe molto piacere poter essere intervistato dalla vostra testata, magari invitandovi anche nella mia casa di legno a km 12 … così anche i vostri sensi potranno cogliere il senso si questo progetto che SaDiLegno …

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